UFFICIO CONTRO LA DISCRIMINAZIONE DELLE PERSONE CON DISABILITÀ
Importante iniziativa dell’ANMIC
Iniziativa ANMIC ufficio antidiscriminazione. L’ANMIC, l’associazione a tutela delle persone con disabilità promuove un ufficio antidiscriminazioni.
Iniziativa ANMIC ufficio antidiscriminazione per le persone con disabilità
Ogni giorno le persone con disabilità vivono situazioni di ordinaria e straordinaria discriminazione. Le città piccole e grandi del nostro Paese, i servizi pubblici e quelli privati, la stessa vita sociale sono contraddistinti dalla presenza di barriere comportamentali e ambientali che limitano la libertà delle persone con disabilità. Possono essere barriere molto evidenti – come quelle architettoniche – o ben più celate, come quelle legate al pregiudizio; tutte, però, contribuiscono a impedire una piena vita sociale delle persone con disabilità.
L’Anmic, nell’ambito dei propri poteri di rappresentanza e tutela può offrire alle persone con disabilità un forte sostegno nella lotta alla discriminazione nei confronti delle persone con disabilità e nella divulgazione degli strumenti di tutela giuridica esistenti per contrastare le discriminazioni che le persone con disabilità vivono ogni giorno.
Iniziativa ANMIC ufficio antidiscriminazione. Normativa di riferimento
1-La Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità si inserisce nel più ampio contesto della tutela e della promozione dei diritti umani, definito in sede internazionale fin dalla Dichiarazione Universale dei diritti umani del 1948 e consolidatosi nel corso dei decenni, confermando in favore delle persone con disabilità i principi fondamentali in tema di riconoscimento dei diritti di pari opportunità e di non discriminazione.
L’articolo 27, in particolare, sancisce il divieto di «discriminare sulla base della disabilità con riguardo a tutte le questioni concernenti ogni forma di occupazione, incluse le condizioni di selezione, assunzione e impiego, mantenimento dell’impiego, avanzamento di carriera e le condizioni lavorative sicure e salubri».
2- Decreto Legislativo 9 luglio 2003, n. 216, contiene una disposizione di attuazione della Direttiva 2000/78/CE per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro. L’articolo 2 del Decreto prevede una nozione di discriminazione piuttosto ampia.
Vi è discriminazione diretta «quando (…) una persona è trattata meno favorevolmente di quanto sia, sia stata o sarebbe trattata un’altra in una situazione analoga» (comma 1, lett. a); è indiretta «quando una disposizione, un criterio, una prassi, un atto, un patto o un comportamento apparentemente neutri possono mettere le persone (…) in una situazione di particolare svantaggio rispetto ad altre persone» (comma 1, lett. b).
Le discriminazioni
Sono considerate come discriminazioni anche le molestie ovvero quei comportamenti indesiderati, posti in essere per i suddetti motivi, aventi «lo scopo o l’effetto di violare la dignità di una persona e di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante e offensivo» (art. 2, comma 3).
3-Legge 67/2006 (Misure per la tutela giudiziaria delle persone con disabilità vittime di discriminazioni), si pone l’obiettivo di «promuovere la piena attuazione del principio di parità di trattamento e delle pari opportunità nei confronti delle persone con disabilità» al fine di garantire ai medesimi soggetti disabili «il pieno godimento dei loro diritti civili, politici, economici e sociali» (1). Pertanto si inserisce in quel complesso sistema di norme volte ad assicurare una adeguata tutela ai soggetti discriminati a causa del loro handicap.
Ufficio per la promozione della parità di trattamento e la rimozione della discriminazione delle persone con disabilità
Compiti e servizi
L’ufficio ha la funzione di garantire, in piena autonomia di giudizio e in condizioni di imparzialità, l’effettività del principio di parità di trattamento fra le persone, di vigilare sull’operatività degli strumenti di tutela vigenti contro le discriminazioni e di contribuire a rimuovere le discriminazioni delle persone con disabilità.
In stretto raccordo con le altre strutture del’Associazione, e prioritariamente con l’Ufficio Legislativo Anmic, l’Ufficio elabora proposte di intervento, azioni di sistema e metodologie per l’assistenza legale ed il supporto alle vittime di comportamenti discriminatori.
Iniziativa ANMIC ufficio antidiscriminazione. In particolare
- fornisce assistenza alle vittime di comportamenti discriminatori nei procedimenti intrapresi da queste ultime sia in sede amministrativa che giurisdizionale, attraverso l’azione dedicata di un apposito Contact center;
- predispone e intraprende le azioni giudiziarie di Anmic per la tutela giudiziaria delle persone con disabilità, vittime di discriminazioni in qualità di associazione legittimata ad agire per Decreto Ministeriale 30 aprile 2008
- svolge inchieste al fine di verificare l’esistenza di fenomeni discriminatori nel rispetto delle prerogative dell’autorità giudiziaria;
- promuove l’adozione di progetti di azioni positive in collaborazione con le associazioni no profit;
- diffonde la massima conoscenza degli strumenti di tutela attraverso azioni di sensibilizzazione e campagne di comunicazione;
- formula raccomandazioni e pareri sulle questioni connesse alla discriminazione delle perone con disabilità;
- promuove studi, ricerche, corsi di formazione e scambi di esperienze, in collaborazione anche con le associazioni e le organizzazioni non governative che operano nel settore, anche al fine di elaborare delle linee guida o dei codici di condotta nel settore della lotta alle discriminazioni
Il caso di Taranto
Già prima, però, del provvedimento di cui si è detto, si sono avute pronunce interessanti in materia di discriminazione. Il 4 giugno 2009 il Tribunale di Taranto, Sezione di Martina Franca, riconosceva che una persona con disabilità era stata discriminata in occasione degli esami di abilitazione alla professione forense.
In particolare
Il Giudice aveva considerato discriminatorie la ritardata consegna del codice cartaceo, la postazione di lavoro che era stata assegnata al candidato (di fatto per lui inutilizzabile dalla sedia a rotelle, per via dell’altezza del piano di lavoro) e l’assenza delle forze dell’ordine all’ingresso, che avrebbero dovuto agevolare l’entrata del candidato nella sede di esame. In quel caso il Giudice quantificò il danno sofferto – patrimoniale e non patrimoniale – in 4.000 euro.
Il caso della Sardegna
Va poi ricordata l’ordinanza del Tribunale di Tempio Pausania, in Sardegna, del 20 settembre 2007, nella quale il Giudice ha condannato un circolo nautico al risarcimento del danno in favore di una persona con disabilità in sedia a rotelle.
In tale occasione si è ritenuto discriminatorio il fatto che una barca fosse stata spostata senza avvertire il proprietario e che alla stessa persona con disabilità fosse stato impedito di affiancare al proprio natante un mezzo di sollevamento che avrebbe dovuto consentirle di passare dalla propria carrozzina all’imbarcazione stessa.
Il dato interessante è che il Giudice, per quantificare il danno, ha deciso di centuplicare il valore della quota di iscrizione, arrivando così alla somma di 4.000 euro.
Queste pronunce sono la testimonianza concreta del diritto a non essere discriminati delle persone con disabilità (e di come stia trovando sempre maggiore rispondenza nella giurisprudenza di merito). Il diritto è sancito appunto nel nostro ordinamento dalla Legge 67/06 e a livello internazionale dalla Convenzione delle Nazioni Unite del 2006.
La sentenza della Cassazione
La Corte di Cassazione ha pronunciato a Sezioni Unite, il 25 novembre scorso, la Sentenza n. 25011 [se ne legga già nel nostro giornale, N.d.R.], con la quale ha affermato che assegnare un numero di ore di sostegno inferiore a quelle indicate nel PEI [Piano Educativo Individualizzato, N.d.R.] di un alunno con disabilità costituisce discriminazione ai suoi danni, ai sensi della Legge 67/06 (Misure per la tutela giudiziaria delle persone con disabilità vittime di discriminazioni).
In sostanza, la Corte ha respinto l’azione promossa del Ministero dell’Istruzione contro le decisioni conformi del Tribunale del Lavoro e della Corte d’Appello di Trieste. Questi avevano accolto un ricorso per discriminazione, proposto per una riduzione di ore di sostegno.
Di fronte a un’Avvocatura dello Stato che rivolgendosi alla Cassazione aveva tentato di far dichiarare inammissibile il ricorso, per difetto di competenza del Giudice Civile, bene ha fatto la Suprema Corte a riaffermare invece la competenza del Tribunale Civile in materia di discriminazione, in un caso in cui si chiedeva appunto l’applicazione della Legge 67/06.
Infatti, competente per legge a giudicare su tali cause è il Tribunale Civile, mentre per gli ordinari ricorsi riguardanti la violazione della normativa sull’assegnazione di ore di sostegno, è ormai competente il Giudice Amministrativo.