Codice del Terzo settore: ecco alcune criticità e gli effetti dell’IVA

Per fare il punto sulla riforma del Terzo settore, abbiamo intervistato Francesca Colecchia componente del tavolo tecnico legislativo del Forum nazionale del terzo settore.

Fiscalità nella riforma del terzo settore, quali sono gli aspetti problematici

In questo momento il Ministero del Lavoro ed il Ministero dell’economia e delle finanze stanno esaminando la parte fiscale del Codice del terzo settore alla luce delle richieste di emendamenti presentate nel tempo. In quest’intervista la dottoressa Colecchia approfondisce la situazione della riforma in atto e le sue criticità.

Come funziona l’operatività delle norme?

“Gli aspetti fiscali degli enti del terzo settore, diversi dalle imprese sociali – spiega la dott.ssa Francesca Colecchia – sono contenuti nel titolo X del Codice del terzo settore (CTS). L’efficacia è prevista dal primo gennaio dell’anno successivo a quello di acquisizione dell’autorizzazione della Commissione europea dei nuovi regimi fiscali introdotti. La richiesta di autorizzazione però non è stata presentata. Il Ministero del Lavoro ed il Ministero dell’economia infatti, sono oggi impegnati nel valutare alcuni emendamenti al testo che presenta disposizioni non sempre chiare e non sempre di pacifica applicabilità.

Si ravvedono quindi due ordini di problemi: uno legato al periodo transitorio, l’altro legato ad alcune disposizioni contenute nel Codice del terzo settore”.

I problemi legati al periodo transitorio del codice del Terzo settore

“Per quanto concerne il periodo transitorio – prosegue la dott.ssa Colecchia – le associazioni di promozione sociale (APS), organizzazioni di volontariato (ODV) e ONLUS possono dal primo gennaio 2018 accedere ad alcune agevolazioni. Ciò sia per quanto concerne le imposte indirette che per quanto concerne i benefici fiscali riconosciuti a chi effettua erogazioni liberali nei loro confronti.

Si tratta sia di esenzioni da tributi che di tributi da versare in misura inferiore. Così come nel caso in cui l’ente acquisti un immobile dove va a svolgere le proprie attività di interesse generale. In questo caso non sconta i tributi in misura percentuale in base al valore dell’immobile ma in misura fissa di 200 euro per imposta con un significativo risparmio.

Se si perde la qualifica di APS, ODV o ONLUS

“In questo periodo transitorio però chi perde le qualifiche di APS, ODV o ONLUS – secondo una interpretazione letterale della norma – decade da queste agevolazioni. Considerato che troveranno applicazione agli enti non iscritti ai previgenti registri solo dall’esercizio successivo a quello di acquisizione dell’autorizzazione della Commissione europea.

È il caso della ONLUS che si iscrive nel registro unico nazionale del terzo settore (RUNTS). Ma anche dell’associazione che decide di cambiare giacca da ODV a APS o da APS a Ente del terzo settore generico, per citare degli esempi.

Per risolvere l’impasse sarebbe sufficiente una piccola modifica all’articolo 104 del Codice”.

La situazione delle ONLUS

“Si deve segnalare – prosegue la dott.ssa Francesca Colecchia – che le ONLUS che si iscrivono al RUNTS perdono anche la possibilità di applicare il regime di esenzione IVA. Ciò accade per alcune prestazioni di servizi. Accade per gli attuali benefici sulle imposte dirette per cui è necessario verificare l’impatto fiscale della scelta assunta in questo periodo in cui non sono ancora operative le disposizioni fiscali del codice del terzo settore.

Tale scelta potrebbe in ogni caso essere giustificata. Come? Dall’ opportunità di ampliare il ventaglio di attività che si possono svolgere rispetto agli attuali paletti previsti per le ONLUS. Dalla possibilità di svolgere le attività non necessariamente nei confronti di soggetti svantaggiati ma sempre nel rispetto delle finalità di natura civica, solidaristica e di utilità sociale che devono caratterizzare il sodalizio, unitamente alla possibilità di beneficiare di sponsor, possibilità preclusa alle ONLUS. È una decisione che deve pertanto essere attentamente ponderata”.

Alcune criticità della riforma del Terzo settore a regime

“Per quanto concerne l’operatività del titolo X del Codice del terzo settore, ci sono diverse disposizioni che sarebbe opportuno modificare. Uno dei nodi fondamentali però è rappresentato dalla perdita della qualifica di ente non commerciale, una condizione che non è semplice da monitorare.

L’ente diventa infatti “commerciale” quando la somma tra i proventi derivanti da attività diverse da quelle di interesse generale, escluse le sponsorizzazioni, ed i proventi delle attività di interesse generale svolte in forma d’impresa non a copertura dei costi effettivi risulta superiore alle entrate derivanti da attività non commerciali, tra cui contributi, quote associative dell’ente, ricavi da attività di interesse generale solo se sostanzialmente a copertura dei costi, cinque per mille.

Il problema è legato alla circostanza che la perdita della qualifica di ente non commerciale produce i suoi effetti a partire dal periodo d’imposta in cui l’ente assume natura commerciale. Sarebbe opportuno invece che producesse effetti dall’esercizio successivo. Data anche la difficoltà di verificare tempestivamente il verificarsi di questa condizione e questo per garantire una corretta impostazione contabile e fiscale dall’inizio dell’esercizio”.

Cosa accade agli effetti dell’IVA

“In termini pratici – conclude la dott.ssa Colecchia – si pensi anche agli effetti IVA: prestazioni esenti diventano imponibili, ivi incluse quelle già effettuate. Ciò significa che l’ente deve liquidare l’IVA scorporandola dall’importo percepito e quindi sottraendo risorse importanti. Gli enti del terzo settore beneficeranno infatti delle esenzioni iva legate ad alcuni servizi ora riconosciute alle ONLUS solo se si qualificano come enti non commerciali. Se perdono tale qualifica devono scorporare da quanto percepito dall’inizio dell’esercizio in relazione a tali servizi il 22% di iva.

Resta in ogni caso da comprendere per quale motivo il legislatore non abbia esteso l’esenzione iva a tutti gli enti del terzo settore. Si tratta infatti sempre di esenzioni legate alla natura della prestazione e trattandosi di servizi realizzata sempre da soggetti senza scopo di lucro. Questo significa che molti servizi costeranno un 22% in più agli utenti finali”.

La dott.ssa Colecchia è specializzata in gestione delle organizzazioni non profit e dal 1997 offre consulenza giuridico – fiscale ad enti senza scopo di lucro. Si occupa della formazione dei relativi amministratori e dirigenti ed ha curato diverse pubblicazioni sull’argomento. Ha ricoperto ruoli dirigenziali in ambito associativo. E’ stata componente del gruppo di lavoro sui controlli alle Organizzazioni di Volontariato e alle Associazioni di promozione sociale attivato dalla Regione Emilia Romagna.